Il segreto dell’amore è una tazzina di caffè.

di Giuseppe Scaglione

Non è difficile guardarsi nel cuore
mentre la grande notte del tempo
avanza per diventare oscurità
ci vuole il coraggio dei semplici
per abbracciarsi nell’amore che c’è.
In un gioco di scatole vuote
al primo posto dobbiamo essere amore
l’amore che siamo
perché noi siamo fatti d’amore
di quell’amore
che dovrebbe venire prima di tutto
su questa terra marcia nel male.

Sono questi i versi che possono agevolmente essere assunti a epitome della raccolta poetica Un caffè in due (A&B editrice, 2022) del poeta, scrittore e critico letterario Nicola Vacca, che questa volta ci sorprende e sorprende se stesso (come dovrebbe essere per ogni poeta) con un libro di poesie d’amore. L’abrasivo e irregolare protagonista di una lunga stagione poetica di impegno civile e autore di numerose opere letterarie irriverenti al sistema – tra le quali spicca la Trilogia del disagio, ovvero le sillogi Mattanza dell’incanto (2013), Luce nera (2015, Premio Camaiore 2016) e Commedia ubriaca (2017) – adesso pubblica infatti un’opera che afferma senza mezzi termini – nell’enjambement siamo fatti d’amore, di quell’amore che dovrebbe venire prima di tuttoche Noi amiamo sempre… malgrado tutto; e questo «malgrado tutto» copre un infinito, come recita l’appropriatissimo esergo di Cioran, personaggio molto amato da Vacca e al quale lo accomuna una visione lucida e disincantata dell’esistenza.

(in copertina un’opera di Marc Chagall)

Nonostante l’apparente svolta verso un’area tematica finora poco o niente esplorata da Vacca, sul piano ontologico in tutte le quattro sezioni del libro resta tuttavia una marcata linea di continuità con la propria precedente produzione letteraria, che consiste nel ribaltare luoghi comuni e convenzioni: in questo caso, il poeta sovverte gli stereotipi della poesia stessa. Intanto nella scrittura, che spazia nell’affollatissimo territorio “amore”/”sensualità” tenendosi ben lontana dai parametri linguistici retorici e dai toni espressivi sovrabbondanti invalsi in una certa poetica largamente adottata dai più. Vacca invece, pur trattando i medesimi temi, resta fedele alla costruzione sintattica nitida e all’efficacia semiotica del suo linguaggio immediato e privo di retorica, sorvegliando le metafore e la sinestesia e molto concedendo alla paratassi. Chi scrive ha già affermato in passato che Vacca sviluppa uno stile linguistico molto personale, il quale pur strutturandosi su elementi della koinè esprime rimandi e citazioni di indubbia ricchezza. Rifiutando suggestioni estetizzanti nella scelta della singola parola, il linguaggio dell’autore si dipana dentro un canovaccio semiotico il cui nitore formale, dorico, sobrio, è di una eleganza fuori discussione. Considerazioni che valgono tutte anche a proposito di Un caffè in due. Anche qui, infatti, il tono poetico – quasi prosimetrico – è alto ma al tempo stesso lontano dal lirismo o dall’elegia; gli evocativi si affacciano sì nella scrittura ma con una modalità che coniuga l’immediatezza espressiva all’andamento limpido dei versi. Insomma una versificazione del tutto autonoma rispetto al consueto contestualizzare letterario e molto originale nella costruzione linguistica, pur trattando una tematica largamente diffusa. Se nella poesia d’amore c’è una qualche possibile assonanza di tono poetico e analogia di puntuale uso della paratassi è forse con Raymond Carver (È quella la casa dove, in piedi sulla soglia, c’è una donna con il sole nei capelli. Quella che è rimasta in attesa fino ad ora. La donna che ti ama. L’unica che può dirti: “Come mai ci hai messo tanto?”).

Sul piano gnoseologico, l’osservazione poetica rifiuta ogni deriva emozionale o manieristica. Gli uomini amano in fretta e odiano con calma, scriveva per esempio Byron; ebbene Vacca questo lo sovverte e ci parla di un amore sì urgente e denso, ma che vive di una prospettiva lunga, pervade la quotidianità ed è quotidiana sostanza vitale. Il poeta – come sempre ha fatto e lo sa bene chiunque lo segua – anche qui s’interroga sulla natura del rapporto che lega le vicende e le cose ai profili esistenziali: ogni componimento attraversa un determinato aspetto dell’esistenza e disegna scene colme di riferimenti alle piccole, grandi cose. Il caffè, il lievito madre, le lenzuola sfatte, la tavola apparecchiata, i fiori. Sono senza dubbio metafore dentro una semantica del quotidiano, ma non si tratta della montaliana poetica del correlativo oggettivo, bensì del solido ancoraggio al vissuto che Vacca ha sempre espresso nei suoi versi, a qualunque area tematica essi si siano orientati. Un ancoraggio che sollecita l’esplorazione senza pregiudizi della condizione umana con tutta la sua precarietà e induce ad analizzare con oggettività il valore della vita e della morte, del viaggio terreno, nella piena coscienza degli assiomi “finitudine” e “dolore”, riconoscendo però che l’amore e la sensualità sono gli unici elementi della realtà, oggettiva e soggettiva, capaci di sospenderne il senso e il nonsenso.

In questo calore che riscalda a lungo Vacca sembra rivelarci la sua personale definizione dell’amore: ciò che pone fine a un’esistenza solitaria, la forza opposta al male, la sua elisione. Non è una semplificazione, né una banalizzazione, è l’assunto di un’opera letteraria complessa che attraversa molte declinazioni della quotidianità prima di diventare poesia. Scrive opportunamente Martino Ciano nella prefazione, riferendosi al costrutto identitario prospettato in versi dall’autore, che l’amore è soprattutto un linguaggio con la sua grammatica e tra le sue forme e regole non ammette né violenza né ambiguità, ma neanche banalità. Cosa c’è dunque di meno banale, o di più difficile d‘altro canto, che completare il racconto urticante del mondo mostrando credibilmente al tempo stesso le sue splendide eccezioni? Così il libro diventa anche una sfida vinta, per uno spirito inquieto e disincantato come è Vacca, quella cioè di raccontare la purezza del cuore, il dilagare sublime dei sensi, la quotidiana felicità possibile, restando perfettamente in pace con se stesso.

(ph. Gaetano del Mauro)

Tuttavia – e questo testimonia ulteriormente la coerenza di questo libro con i paradigmi poetici ai quali l’autore si è sempre riferito – il partecipare in maniera così piena della felicità del mondo non fa che umiliare maggiormente l’insensato parossismo esistenziale contro il quale Vacca ha spesso puntato il dito, addirittura definendolo Commedia ubriaca (giusto il titolo di un altro suo libro); deriva esistenziale che è conseguenza delle assurdità irriducibili e sfuggenti che si annidano nell’animo umano:

Il fondo è nero
ma nella notte cerco la luce
sono un uomo colmo di gesti
ho nelle mani un cesto di buoni propositi
non si dovrebbe tradire la vita
che è il frutto dell’albero della conoscenza
dovremmo finire i nostri giorni
affamati di bellezza
e con gli occhi accecati dalla meraviglia
piantare il seme del cambiamento
perché dopo di noi
tutto continui a essere

Emerge forte la convinzione che sia l’amore l’unica redenzione del mondo e che non sia giusto incatenarlo o forzarlo, e chi cerca di sottometterlo (tradire la vita) lo perde inesorabilmente e con esso perde l’unica possibilità di salvezza (perché dopo di noi / tutto continui a essere). La traduzione in versi di tale assunto fonda ampiamente sul dato dell’esperienza: Vacca sembra rivelarsi nel suo privato laddove risulta evidente che il libro è anche il racconto dell’amore che lo lega alla propria compagna, e ce ne svela la proiezione su una condizione esistenziale condivisa che tende alla reductio ad unum di due distinte e autonome soggettualità, spiegandoci il suo procedere. Quindi è l’io antropologico dell’autore a essere chiamato dentro la scrittura, ponendosi come punto di osservazione e al tempo stesso come protagonista. Un equilibrio difficile ma perfettamente raggiunto, che trova il suo zenit nella poesia che dà il titolo al libro e apre la raccolta, dove il contenuto autobiografico rafforza la naturale propensione di Vacca alle visioni immediate, che qui sono dirompenti nella loro vitalità e sensualità e sono espresse con un codice comunicativo altrettanto immediato, diretto, in una semantica degli enunciati poetici che esprime nitidamente il rapporto biunivoco tra l’autore e il suo linguaggio, la cui qualità e le cui alte frequenze sono da sempre tra i più importanti punti di forza della sua poesia.

Un caffè in due

La città ogni giorno si lecca le ferite
i passanti per le strade
si annoiano leggendo le bugie
dei castelli di carta.
Nessuno si siede
al tavolino di un bar
per condividere un caffè
con il cuore in subbuglio
nel cuore dell’altro.
Il segreto dell’amore
è un caffè in due
da bere dalla stessa tazza
e poi io accanto a te
con un bacio che si dilegua in un bacio.

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