di Giuseppe Scaglione

Sono tante le strade che conducono alla Poesia e nel proprio percorso letterario Adriana Iftimie Ceroli dimostra di sperimentarne più d’una: ne è una ulteriore conferma la sua ultima silloge Il cantico del cigno – d’amore e altre cose, pubblicata nel 2022 da IBUC con la prefazione di chi scrive, la postfazione di Pietrangelo Buttafuoco e le illustrazioni di Mario Ceroli. Anche in questa raccolta la caratteristica dominante dei componimenti resta la centralità dell’anima, la bell’anima del poeta che irradia i versi di luce propria e leggerli significa perdersi, appartenere con le proprie emozioni ai ritmi e alla musicalità della scrittura, sentirsi attraversati dalle parole e dalle visioni. A patto, ovviamente, che l’autore sia davvero una bell’anima, come lo è Adriana che in questa raccolta proietta le proprie declinazioni esistenziali e la propria componente biografica alla ricerca di un significato ulteriore.

La scrittura che sostiene il tutto è molto originale e personale. Come accade, nella storia della letteratura, per autori che si esprimono in una lingua che non è la propria lingua madre, per esempio com’è stato per la grande Agota Kristòf. Si avverte un rispetto maggiore per la parola scritta, una semplicità semantica che si incastra perfettamente con la ricchezza dei significati. La scrittura di Adriana è ricca, polifonica. A volte è morbida, avvolgente, altre volte diventa asciutta, spigolosa e secca, priva di qualsiasi orpello. Il componimento può soffermarsi a lungo sul frammento di una singola emozione, trattandone i contorni con un linguaggio che risente fortemente di pulsioni oniriche, surrealiste, oppure può definire icasticamente il perimetro di un’intera stagione della vita. Una polifonia che raccoglie in sé diverse tonalità, dall’elegia all’introspezione, dalla lirica all’epos, in una prospettiva che partendo da riflessioni personali si allarga fino a diventare ampia, generale, che riguarda tutti. Come un’inquadratura in campo lungo, uno sguardo poetico nitido e al tempo stesso visionario. La struttura del verso libero, in questa raccolta al pari delle precedenti, segue geometrie metriche particolari che conferiscono personalità alla scrittura e ne scandiscono tempi e ritmi in termini di assoluta coerenza al contenuto. Anche nei passaggi più impervi, dove i repentini cambi di ritmo accompagnano le accelerazioni verticali dell’approccio emotivo come in un appropriato sottofondo musicale. Passaggi prosimetrici, enjambements e reiterazioni sottolineano ulteriormente la complessità formale dei componimenti, la loro spiccata personalità.

La versificazione qui coniuga l’esperienza all’istinto artistico e trova una poesia che al tempo stesso è ricerca e verità, scoperta e incanto. I versi generano afflati emotivi che travolgono non soltanto il lettore ma perfino lei stessa nel suo scrivere, spingendosi anche oltre il significato convenzionale delle parole, in un codice semiotico che sviluppa immagini irrazionali e vivissime, quasi oniriche, visioni che si rincorrono e si intrecciano lungo tutta la silloge. Sono visioni che esprimono, nell’introspezione, la fusione del tempo quotidiano con il tempo assoluto, di singoli istanti della vita e di immagini eterne che parlano di amore, di fede, di infanzia, di luoghi del corpo, dell’anima e della mente. Difficile trovare in questi componimenti una traccia seppur minima di uno stato di quiete, di catarsi. Sono parole attive, urgenti, proiettate dinamicamente all’osservazione dell’esistere perché dell’esistere se ne possa ricavare il significato profondo. Adriana rifugge la superficialità:
E questa grammatica di vivere / mi sta stretta, / come se indossassi / una Babilonia di paglia / che deve ardermi comunque
e trova l’ipotesi di redenzione nell’amore, in tutte le sue forme. Dall’amore per il suo compagno di vita, Mario Ceroli, all’amore per la sua terra d’origine – alla quale dedica il componimento di apertura della silloge – dall’amore per la natura all’amor di Dio. Un unico grande sentimento che declina in tante forme quante sono le mete a cui si volge, il lemma che spiega l’intero percorso poetico sin qui compiuto da Adriana. Ed è proprio attraverso l’amore che ricerca la propria identità e risolve la dicotomia di donna di confine, sospesa tra Roma e la nativa Romania. Mentre la poesia, anch’essa oggetto d’amore, sale qui di tono sino a diventare spazio etico di conoscenza da presentare al mondo perché il mondo vi si riconosca, partendo da se stessa e dalla parola.