di Giuseppe Scaglione

Taceranno anche i passeri (Les Flâneurs Edizioni, 2022) è un raffinato noir d’ambientazione storica dello scrittore pugliese Gianni Mattencini. Le vicende trattate si collocano nella seconda metà degli anni venti del secolo scorso e la narrazione si sviluppa intorno al misterioso suicidio di Gaetano Innamorato, modesto impiegato delle ferrovie trovato morto impiccato, in ufficio, dal personale delle pulizie. L’uomo lavorava a Bari dove, proveniente dal compartimento di Ancona, era stato trasferito per motivi disciplinari, ovvero il forte sospetto di una banale relazione con una donna sposata, moglie di un superiore. Già il motivo della punizione potrebbe dire molto sull’intento narrativo: sollevare un velo sulle ipocrisie del perbenismo di facciata che il regime fascista impose al Paese. E al tempo stesso suggerisce al lettore un primo interrogativo, molto più attuale: certe ipocrisie della macchina burocratica sono sopravvissute al ventennio, e in che misura? Da questo al chiedersi se le attuali malversazioni da sottogoverno siano anch’esse retaggio del fascismo il passo è breve. Che il regime sia stato intriso di corruzione, clientelismo, soprusi e favoritismi (nella pubblica amministrazione e non solo) è un fatto ben noto e nella filigrana del racconto tutto ciò emerge come un fil rouge dalla magistrale costruzione della trama.
Venendo appunto a questa, la narrazione si apre con il ritrovamento del corpo e da subito non appaiono chiari i motivi del suicidio, Innamorato non lascia alcun biglietto né si confida con qualcuno riguardo a possibili tormenti personali. Niente, insomma, che possa spiegare il gesto. D’altronde è un uomo schivo, non ha amici, non ha frequentazioni note. Neppure i due colleghi con i quali condivideva l’anonima stanza sanno niente di lui. Solo che era scrupoloso, preciso e metodico nel suo lavoro. Gli inquirenti – ovvero il sostituto procuratore del re, Alcide Saponaro che intravvede nell’indagine dentro l’amministrazione delle ferrovie l’occasione per fare carriera compiacendo il regime, e il disincantato maresciallo Albino Casati – decidono di non archiviare il caso e iniziano a indagare. Si scoprono dunque, tra gli effetti personali in casa di Innamorato, una collezione di ritratti fotografici erotici e un pacchetto di lettere indirizzate a una donna sposata. Intanto anche il capo operaio delle ferrovie Gennaro Loiacono avvia la sua indagine privata.
Si aprono così piani diversi della narrazione, sapientemente intrecciati tra loro dall’andamento sorvegliato e polifonico del racconto, il cui tono narrativo spazia dal distaccato all’ironico, dal particolareggiato al vago, in modo da tenere sempre avvinto il lettore alla storia e ai personaggi che la animano, il cui tratteggio psicologico è accurato e perfettamente coerente ai canoni del noir. Al di là di un vago sentore kafkiano che emana dalla vicenda, infatti, l’aura personale che li accompagna per intenderci richiama in qualche modo quella dei personaggi di Simenon (ne La camera azzurra o ne La morte di Belle, per esempio), e riverbera attorno alle storie un’atmosfera seducente di ambiguità e di mistero. Man mano che il lettore si inoltra nel romanzo scopre Rosa Diodato, il “mago occultista” Altavan, il cavalier Portento, Annina e altri personaggi. Tutte figure che insieme a Loiacono, il procuratore, il maresciallo, se da un lato hanno qualcosa della “maschera”, ovvero la possibilità di essere ottimamente trasferiti dentro una sceneggiatura teatrale (il che valga come un suggerimento di chi scrive), dall’altro sono profili che incarnano, nel loro insieme o singolarmente considerati, vizi, virtù, debolezze, passioni e ambiguità quali la finzione letteraria riprende senza forzature dalle declinazioni esistenziali della realtà, con evidente capacità di osservazione dell’autore, oltre che di trasferire il tutto nella scrittura.
E a proposito di scrittura è da notare come il linguaggio del romanzo sia molto accurato: ricercato ma non pedante, elegante senza essere lezioso e, soprattutto, appropriato anche perché assonante alla singola scena raccontata, ai passaggi introspettivi e ai dialoghi, per una costruzione sintattica e una scelta di sostantivi, aggettivi e avverbi che sembra aderire puntualmente al contesto di volta in volta descritto o raccontato. Un contesto fatto di vite che si intrecciano, segreti, ricatti, amori e fragilità, che la scrittura declina in un’esplorazione psicologica impeccabile, che scava l’anima dei personaggi, ne coltiva difetti e pregi e ne circoscrive il limite con cura certosina, ne mette in luce gli aspetti nascosti e poi nuovamente li cela, ponendo in discussione le sicurezze dei protagonisti insieme a quelle dei lettori. In definitiva, un impianto narrativo e una scrittura che fanno del libro un pregevole noir d’autore.