Il nuovo romanzo di Lolita? Dieci e lode.

di Giuseppe Scaglione

Lo scammaro avvelenato (Sonzogno, 2022) è il decimo romanzo di Gabriella Genisi ad avere per protagonista Lolita Lobosco, nella finzione letteraria vice questore barese a capo della sezione omicidi nella sua stessa città. Il personaggio e le storie che vi ruotano intorno si ispirano a moduli narrativi aperti alle dinamiche collettive e individuali proprie del nostro Sud, al punto che la città di Bari – con la sua socialità effervescente e i suoi risvolti crudi, ma anche con la sua bellezza, la sua eterna luce primaverile – è anch’essa protagonista della serie al pari di Lolita stessa. Lolita che dal canto suo è ormai nell’immaginario pubblico un’icona riconosciuta di femminilità mediterranea nonché, interpretato nella serie televisiva da Luisa Ranieri, un profilo di grande successo della fiction italiana.

La trama tocca da vicino la protagonista: sua sorella, Carmela, è accusata di omicidio e arrestata a seguito di indagini condotte, forse in modo spiccio, da un funzionario di polizia che aspira non troppo segretamente a prendere il posto di Lolita, intanto esautorata perché appunto parente stretta dell’indagata. La vittima è il sedicente scrittore romano Enrico Fasulo, ospite nel B&B dell’accusata, con la quale intrattiene una relazione sentimentale. Secondo gli inquirenti sarebbe stato avvelenato dal botulino contenuto in un peperone, ingrediente dello “scammaro” – piatto tipico della tradizione meridionale – espressamente preparato per Fasulo da Carmela Lobosco con l’intento di ucciderlo, il movente sarebbe la gelosia. Va da sé che una eventuale condanna porrebbe fine alla carriera di Lolita, quale sorella di un’omicida. Tuttavia la protagonista non si arrende al quadro indiziario e, nonostante sia in un periodo di forte fragilità emotiva per via dell’altalenante storia d’amore con il collega Caruso, si mette ufficiosamente a caccia di indizi, sperando nell’intuizione giusta per risolvere il caso e scagionare Carmela. Il resto della trama il lettore lo scoprirà da sé, al termine di un romanzo breve ma succoso, un condensato di suspence e introspezione che non manca, come i precedenti, di bozzetti gustosi e spunti di riflessione.

La scrittura è come sempre scorrevole ma intensa, capace di disegnare con poche pennellate profili umani e stati d’animo, generosa di particolari nella descrizione dei luoghi e delle situazioni. Insomma un periodare elegante anche quando strizza l’occhio al parlato barese (sempre più sorvegliato, per il vero), perché lo stile è asciutto sebbene sia molto preciso nella scelta di volta in volta del vocabolo più appropriato all’intento narrativo e alla scena trattata. Una dote naturale della Genisi, che sappiamo scrivere d’istinto con pochissimi ripensamenti e pochissime correzioni. Donna di molte letture, vera amante della narrativa e della poesia, anche in questo libro trasferisce nella scrittura una ricchezza espressiva originale, in uno alla non comune capacità di osservazione del contesto, di cui coglie particolari inediti che diventano caratteristiche di questo o di quel personaggio. A tal proposito è di rilievo, nel libro, il tratteggio psicologico di una figura tipica: il rancoroso capace di odiare ma non di metterci la faccia, il pusillanime che colpisce solo quando protetto dall’anonimato, magari per invidia o per vendicarsi di torti spesso non veri, presunti. Il frustrato patologico che cova il proprio livore nell’ombra, ma in apparenza è disponibile e cordiale. Una figura multiforme, che va dal semplice “leone da tastiera” all’assassino, come ci insegna il recente caso Campiti, a Roma.

Con il romanzo Lo scammaro avvelenato, dopo La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017), I quattro cantoni (2020) e Terrarossa (2022), ce n’è dunque più che abbastanza perché se ne possa trarre una visione d’insieme. Sono tutti romanzi che del giallo classico conservano il telaio della trama investigativa, ma che sono soprattutto un modo efficace e diretto di spiegare la realtà, con il suo portato criminale che culmina nel delitto. Libri nei quali alla bellezza dei luoghi, magistralmente descritta, si contrappone il racconto in termini apparentemente leggeri ma a ben guardare niente affatto consolatori delle contraddizioni che affliggono Bari, la Puglia e il meridione tutto. Territori dove la struttura sociale è ancora in parte vincolata a un sistema di sottogoverno, gattopardesco; una terra di mezzo tra la sudditanza e la coscienza civile dove accanto all’innegabile progresso non si può ignorare la presenza invadente della criminalità organizzata: ecomafie che ammorbano di rifiuti tossici, sfruttamento dell’immigrazione in agricoltura, torbidi intrecci del malaffare con la società civile, usura, corruzione, giusto per citare qualche esempio. C’è di più: in ciascuno dei romanzi della serie, Gabriella Genisi estrapola dall’attualità e racconta piaghe sociali che non riguardano soltanto Bari o il Sud, per esempio affronta il tema del bullismo, o degli scandali sportivi oppure del terrorismo islamico, insomma in ogni libro accende un faro sulla cronaca perché sia argomento di riflessione, ben oltre il frettoloso scorrere di un quotidiano o la visione distratta del telegiornale.


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